Decorativo, facile da gestire, piacevole da guardare, un piccolo
acquario con pesciolini rossi è un buon compromesso per il bimbo che
desidera un animale da accudire.
Il ritorno a casa dopo l’estate coincide spesso con il desiderio
di qualche novità e non è raro che nostro figlio torni alla carica con
la famosa richiesta di un cucciolo di cane o di un gattino. Il nostro
consiglio è di pensarci molto bene: gli animali abbandonati, ex
cuccioli cresciuti e non più tanto teneri ma sempre molto impegnativi,
sono ogni anno molto numerosi. Se, però, desideriamo accontentare il
bambino, possiamo optare per qualcosa di facile da gestire, che non
richieda troppo impegno e al tempo stesso gradevole per la casa:
l’allestimento di un piccolo acquario con pesci rossi. Va detto che
anche i pesci sono esseri vitali ed è quindi importante trattarli il
meglio possibile, creando per loro un habitat adeguato al quale sarà
comunque necessario che la mamma o il papà, assieme al bimbo, dedichino
una mezz’ora del loro tempo alle cure settimanali.
In principio la vasca
Nell’allestimento di un piccolo acquario domestico, l’acquisto del pesce
rosso deve essere l’ultimo passaggio: la prima cosa da fare è preparare
la vasca. Questa non deve essere troppo piccola. Un pesce rosso, per
stare bene, ha bisogno di almeno 8-10 litri d’acqua. Quindi, se vogliamo
sistemarvi due o tre pesciolini, in modo che si facciano compagnia, è
bene acquistare una vaschetta che contenga almeno 20 litri di liquido.
La classica boccia in vetro, oltre a essere troppo piccola, ha la forma
meno adatta per il benessere dei pesci. Meglio un classico
parallelepipedo in vetro o anche in plastica (si trovano nei negozi di
piccoli animali) da riempire con acqua di rubinetto, alla quale è bene
aggiungere una piccola dose di preparato speciale in vendita nei negozi
di animali e che elimina il cloro e altre sostanze nocive. Infine, il
papà o la mamma aggiungeranno un filtro, necessario per mantenere
l’acqua pulita. Una volta alla settimana si dovrebbe cambiare circa un
quarto dell’acqua, preparandola nel contenitore qualche ora prima in
modo che raggiunga la giusta temperatura.
Il giusto habitat
La vasca andrebbe arredata con sassolini, piante in plastica (quelle
vere sono impegnative da curare), piccoli castelli sottomarini, rovine
antiche: i pesciolini si divertiranno a esplorare il loro ambiente, che
sarà anche più gradevole da ammirare per grandi e bambini. Le
decorazioni vanno acquistate solo nei negozi specializzati e devono
essere lavate accuratamente con acqua ben calda prima di essere
introdotte nell’acquario. Sassi o conchiglie raccolti in vacanza, piante
prese in un lago o in uno stagno o altri oggetti, sono da evitare
accuratamente: potrebbero rilasciare nell’acqua sostanze nocive alla
salute dei pesci. Una volta che l’acquario è stato riempito di acqua ed
arredato, si attiva il filtro e solo dopo un paio di giorni è possibile
introdurre i pesci.
Poco cibo per la loro salute
I pesci rossi sono in genere i più robusti e longevi: vivono bene in
acqua fredda, ad una temperatura compresa tra i 18 e i 24 gradi, cioè
quella delle nostre abitazioni. I pesciolini rossi hanno inoltre il
vantaggio di essere economici: da un euro circa a tre euro per le specie
comuni, le cui colorazioni vanno dal rosso più o meno acceso, al
bianco, bianco e rosso oppure giallo. È meglio introdurre pesci della
stessa specie e che vivono bene alle stesse temperature. Poiché sono
animali abbastanza socievoli, introdurne una coppia significa farli
vivere al meglio. Non si deve cedere alla tentazione di introdurre in un
acquario non adatto pesci delicati, come quelli di acqua tropicale: non
sopravvivrebbero, una crudeltà inutile sia per gli animali che per la
delusione dei nostri bambini. Un altro errore da evitare è introdurre
nell’acquario dei pesci le tartarughe d’acqua, che sono solitamente
molto aggressive. I pesci rossi, per stare bene, devono nutrirsi molto
poco: è sufficiente un pizzico di mangime, una volta al giorno. Se
partiamo per un fine settimana, i pesci possono anche restare senza
cibo per un giorno – male non fa alla loro salute, anzi – ma se la
vacanza si protrae è bene poter contare su qualche amico disponibile a
nutrirli e a cambiare l’acqua ogni tanto.
venerdì 29 settembre 2017
lunedì 4 settembre 2017
Vaccini obbligatori: ecco come funziona l'obbligo
La legge sulle vaccinazioni obbligatorie - legge 119 del 31 luglio 2017 -
è definitivamente in vigore, e Asl, asili e scuole si stanno
organizzando per soddisfare gli obblighi previsti. Ma come funzionano
esattamente le cose?
Lo chiarisce una circolare operativa emanata dal Ministero della salute il 16 agosto scorso. Vediamo tutti i dettagli.
Sono state portate a dieci le vaccinazioni obbligatorie
per bambini e ragazzi da zero a 16 anni. L'obbligo riguarda sia le
prime dosi sia i richiami e interessa anche i minori stranieri non
accompagnati. I dieci vaccini obbligatori sono:
• antipoliomielitica;
• antidifterica;
• antitetanica;
• antiepatite B;
• antipertosse;
• anti Haemophilus influenzae di tipo b;
• antimorbillo;
• antiparotite;
• antirosolia;
• antivaricella.
I nati a partire dal 2017 dovranno farle tutte, secondo il calendario previsto dal Piano nazionale di prevenzione vaccinale 2017-2019.
I nati dal 2001 al 2016, invece, sono di fatto esonerati dal vaccino
contro la varicella, perché nel momento in cui sono stati (o avrebbero
dovuto) essere vaccinati, questo vaccino non era previsto dal calendario
allora in vigore.
Per i vaccini contro morbillo, parotite, rosolia e varicella, la
legge prevede che la disposizione dell'obbligo vada rivista ogni tre
anni: compatibilmente con i dati sulla diffusione delle malattie e le
coperture vaccinali, infatti, l'obbligo potrebbe essere abolito.
Cosa succede se non si fanno i vaccini obbligatori
Se un bambino non è in regola con le vaccinazioni previste dalla
legge - e se i suoi genitori rifiutano di metterlo in regola anche dopo
essere stati convocati dall'Asl per un dettagliato colloquio informativo - per prima cosa scatta una multa: da 100 a 500 euro.
In caso di vaccinazioni coniugate, la multa è una sola: la famiglia
del bambino che, a tre mesi, dovrebbe fare le sei vaccinazioni previste
dal calendario (contro polio, difterite, tetano, pertosse, Haemophilus
ed epatite) e non le fa si vede somministrare una sola multa, non sei, e
se la vede somministrare una sola volta, dopo di che l'obbligo nei
confronti di quelle vaccinazioni è considerato estinto. La stessa
famiglia, però, potrà vedersi somministrata una nuova multa se dovesse
far saltare anche le vaccinazioni successive (morbillo, parotite,
rosolia e varicella, a 13-15 mesi).
Anche se ha pagato la multa, il bambino senza le vaccinazioni
previste non potrà accedere ad asili nido e scuole d'infanzia. Potrà
invece accedere alla scuola dell'obbligo.
Vaccini: perché sono diventati obbligatori
La circolare del Ministero si apre con un lungo paragrafo dedicato a spiegare perché, a un certo punto, si è deciso di introdurre una legge che impone l'obbligo di alcune vaccinazioni e che va dunque in controtendenza rispetto all'atteggiamento dominante in sanità pubblica negli ultimi 15 anni. Finora, infatti, era stato privilegiato un percorso che mirava all'adesione "consapevole e volontaria" alle vaccinazioni, che fossero obbligatorie o raccomandate. Per altro, la mancata vaccinazione dei vaccini obbligatori non comportava sanzioni particolari, né tantomeno il rifiuto all'ammissione a scuola. Perché, dunque, oggi le cose sono cambiate?
Perché - spiega la circolare - a partire dal 2013 si è registrato un progressivo trend in diminuzione del ricorso alle vaccinazioni, sia obbligatorie sia raccomandate. In altre parole, ci si vaccina sempre meno, il che, per alcune malattie, ha determinato un calo della copertura vaccinale al di sotto di quella soglia del 95% della popolazione, indicata dall'Organizzazione mondiale della sanità come soglia minima per il raggiungimento dell'immunità di gruppo (o di gregge). Solo al di sopra di questa soglia, per alcune malattie si garantisce che il microrganismo responsabile smetta di fatto di circolare, proteggendo anche chi non può essere vaccinato o non risponde alla vaccinazione.
La circolare propone in particolare l'esempio dei vaccini contro morbillo e rosolia, la cui copertura è passata, dal 2013 al 2015, dal 90,4% all'85,3%.
La circolare del Ministero si apre con un lungo paragrafo dedicato a spiegare perché, a un certo punto, si è deciso di introdurre una legge che impone l'obbligo di alcune vaccinazioni e che va dunque in controtendenza rispetto all'atteggiamento dominante in sanità pubblica negli ultimi 15 anni. Finora, infatti, era stato privilegiato un percorso che mirava all'adesione "consapevole e volontaria" alle vaccinazioni, che fossero obbligatorie o raccomandate. Per altro, la mancata vaccinazione dei vaccini obbligatori non comportava sanzioni particolari, né tantomeno il rifiuto all'ammissione a scuola. Perché, dunque, oggi le cose sono cambiate?
Perché - spiega la circolare - a partire dal 2013 si è registrato un progressivo trend in diminuzione del ricorso alle vaccinazioni, sia obbligatorie sia raccomandate. In altre parole, ci si vaccina sempre meno, il che, per alcune malattie, ha determinato un calo della copertura vaccinale al di sotto di quella soglia del 95% della popolazione, indicata dall'Organizzazione mondiale della sanità come soglia minima per il raggiungimento dell'immunità di gruppo (o di gregge). Solo al di sopra di questa soglia, per alcune malattie si garantisce che il microrganismo responsabile smetta di fatto di circolare, proteggendo anche chi non può essere vaccinato o non risponde alla vaccinazione.
La circolare propone in particolare l'esempio dei vaccini contro morbillo e rosolia, la cui copertura è passata, dal 2013 al 2015, dal 90,4% all'85,3%.
Vaccini raccomandati, quali sono
La circolare ricorda che, per legge, altre vaccinazioni dovranno
essere offerte in maniera attiva e gratuita ai genitori dei nuovi nati:
• antimeningococcica B;
• antimengingococcica C (nei primi anni di vita), o antimeningococcica tetravalente ACWY in adolescenza;
• antipneumococcica;
• antirotavirus.
Il Ministero giustifica la non obbligatorietà di queste
vaccinazioni con il fatto che prevengono malattie meno frequenti nel
nostro paese, o non particolarmente contagiose.
Inoltre, in adolescenza è prevista la vaccinazione contro Hpv, sia nei maschi sia nelle femmine.
Esoneri: quando il bambino ha già fatto la malattia
Ci sono due casi possibili nei quali si può evitare la vaccinazione:
Se il vaccino contro la malattia in questione è contenuto all'interno di formulazioni multicomponenti, la famiglia può chiedere che il bambino sia vaccinato solo per le altre malattie, con vaccini monocomponenti oppure vaccini combinati, ma privi dell'antigene in questione.
Va precisato, però, che non è detto che questi vaccini siano
disponibili - al momento, per esempio, non sono autorizzati in Italia
vaccini monocomponenti contro difterite, pertosse, morbillo, rosolia e
parotite. E anche se lo fossero, non è detto che sia sempre possibile
ottenerli. Da un lato, considerato che i monocomponenti costano di più
non è detto che le Regioni intendano acquistarli. "Dall'altro, bisogna
anche verificare la reale disponibilità da parte delle aziende a
fornirli" precisa Pier Luigi Lopalco, professore di igiene
all'Università di Pisa. "Molti di questi vaccini sono in realtà o
dismessi o prodotti in piccole quantità per motivi speciali, per cui non
è detto che, anche se le regioni facessero le gare per acquistarli, le
ditte si presenterebbero".
La circolare precisa dunque che se le formulazioni "particolari"
non sono disponibili, la profilassi andrà completata con i vaccini
combinati esistenti, sottolineando che non ci sono controindicazioni a
vaccinare che ha già fatto la malattia. Per altro, i vaccini combinati
non dovrebbero preoccupare più di tanto: non solo il sistema immunitario
del bambino è perfettamente in grado di ricevere più "principi attivi"
(antigeni vaccinali) contemporaneamente, ma contengono anche meno
eccipienti rispetto alla somma dei monovalenti. "Inoltre, riducono il
numero di eventi avversi, come convulsioni febbrili o eventi allergici
gravi, che è legato al numero di somministrazioni" precisa Lopalco.
Esoneri: quando il vaccino è un pericolo
L'altra possibilità di esonero si verifica quando il vaccino stesso rappresenta un pericolo per la salute del bambino. In
generale, è controindicazione assoluta alla vaccinazione il fatto che
il piccolo abbia avuto una reazione allergica grave (shock anafilattico)
dopo la somministrazione di una dose precedente, o a un componente del
vaccino (Guida alle controindicazioni alle vaccinazioni, Istituto superiore di sanità).
La presenza di una malattia grave o moderate, con o senza febbre, non è
di per sé controindicazione assoluta: per decidere se vaccinare o meno
va valutato caso per caso il rapporto rischi-benefici.
La documentazione da presentare
Ma chi si preoccupa di verificare che il bimbo che deve frequentare
il nido, l'asilo o la scuola sia in regola con gli obblighi previsti?
Per l'anno scolastico in arrivo, dovrebbero essere i genitori a
presentare la documentazione necessaria - certificazioni come il
libretto vaccinale o attestazioni dell'Asl, oppure autocertificazioni -
agli istituti ai quali sono iscritti i bambini, che provvederanno poi a
trasmetterla all'Asl. Certificazioni o autocertificazioni vanno
presentate entro il 10 settembre per nidi e scuole d'infanzia ed entro
il 31 ottobre 2017 per scuole dell'obbligo. In caso di
autocertificazione, la documentazione attestante l'avvenuta vaccinazione
va presentata entro il 10 marzo 2018.
Un modello per l'autodichiarazione è disponibile in fondo alla circolare
"Alcune Asl, però, si stanno organizzando direttamente con le
scuole, in modo da evitare ai genitori in regola alcun fastidio" afferma
Lopalco. "Per esempio, le scuole mandano gli elenchi degli iscritti
alle Asl, che fanno i dovuti controlli e rimandano alle scuole i
nominativi dei bambini a posto con le vaccinazioni, mentre le famiglie
degli inadempienti saranno chiamate a controllare lo stato vaccinale del
figlio". Per legge, comunque, questo meccanismo dovrebbe comunque
andare a regime, per tutte le regioni e tutte le Asl, nel 2019, cioè con
il prossimo anno scolastico.
Docenti e operatori sanitari: per loro un questionario sullo stato vaccinale
La nuova legge sulla prevenzione vaccinale è stata molto contestata, per vari motivi. Tra questi, il fatto che prevede l'obbligo delle vaccinazioni solo per i bambini e non, per esempio, per docenti e per operatori sanitari, cioè categorie professionali che possono avere un ruolo importante nella diffusione di malattie infettive. La circolare operativa, però, sembra fare un primo passo in avanti quanto meno nel prendere in considerazione anche queste categorie e nel mostrare che sono sotto osservazione. Prevede infatti che, entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge, tutti gli operatori scolastici e sanitari debbano presentare alle loro sedi di lavoro un'autodichiarazione sulla propria situazione vaccinale. Per ora, comunque, questo certificato ha puro significato di raccolta dati.
La nuova legge sulla prevenzione vaccinale è stata molto contestata, per vari motivi. Tra questi, il fatto che prevede l'obbligo delle vaccinazioni solo per i bambini e non, per esempio, per docenti e per operatori sanitari, cioè categorie professionali che possono avere un ruolo importante nella diffusione di malattie infettive. La circolare operativa, però, sembra fare un primo passo in avanti quanto meno nel prendere in considerazione anche queste categorie e nel mostrare che sono sotto osservazione. Prevede infatti che, entro tre mesi dall'entrata in vigore della legge, tutti gli operatori scolastici e sanitari debbano presentare alle loro sedi di lavoro un'autodichiarazione sulla propria situazione vaccinale. Per ora, comunque, questo certificato ha puro significato di raccolta dati.
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